Il “deserto” della preghiera e della testimonianza.
Incontro di formazione con i volontari dell’associazione.
Anche Dio, quando deve recuperare l’amore tradito e sporcato, non trova altra soluzione che condurre la donna/Israele nel deserto, nel cuore del silenzio, al riparo da sguardi indiscreti: «Perciò, ecco, io la sedurrò, la condurrò nel deserto e parlerò sul suo cuore» (Osea 2,16). Per il profeta Osea, il «deserto» non è solo il luogo geografico dell’esperienza della liberazione dall’Egitto, ma è anche il luogo della solitudine e della riservatezza, il «dove» che custodisce da occhi estranei la persona amata perché l’amore totale non può avere come proscenio la piazza, ma solo lo spazio che unisce i due cuori.
Anche Gesù va nel «deserto» fisico, simbolo del deserto intenso della sua anima.
In greco «deserto — èremos», da cui èremo, è luogo isolato, luogo dove la dimensione della vita scorre non sulle onde agitate dei cavalloni del mare in tempesta, ma sugli alisei sottotraccia, dove il tempo ritma l’eterno e l’eternità scandisce l’essenziale dell’esistenza, purificando dalle scorie del superfluo. Nel deserto solo l’essenziale è consentito, ci? che non ingombra e non appesantisce.
Il deserto è il luogo della purità del cuore e della limpidezza dello sguardo,
dove per sentire anche il sussurro dell’amore e per vederlo basta
«chiudere gli occhi»….
La vocazione al volontariato ….La vita è preghiera, la vita è vocazione, cioè essere un chiamato da qualcuno a nome di tutti per il servizio di tutti. La prima dimensione comunitaria del Volontariato sorge dal fatto che il volontariato è una “vocazione” perché ogni vocazione, qualunque essa sia, ha come elemento di fondamento il sorgere dalla tensione fra i doni che si hanno e i bisogni che si scoprono.
Non è forse questa la caratteristica del volontariato che nasce quando una persona scopre in sé dei doni, i quali, per essere conservati come tali debbono essere donati? Alcune volte, invece, le proprie capacità sono risvegliate o scoperte osservando i bisogni dei singoli o delle comunità ricordando che le necessità di ognuno hanno sempre una valenza comunitaria.
Un’ulteriore motivo caratterizza la vocazionalità del volontariato e perciò la comunionalità: il rapporto interpersonale…. E ci vogliono coraggio, tenacia e fiducia, anche nell’amicizia e nell’amore, sempre meno coltivati, e sempre più lasciati all’improvvisazione e alla sciatteria. L’eredità migliore, che noi possiamo lasciare ad un figlio, ad un allievo, alle generazioni che verranno è questo senso del coraggio e della passione etica nella realizzazione personale. Questo incoraggiamento ad essere se stessi, ad accettare che di regola l’eccellenza richiede l’allenarsi quotidiano a superare ostacoli, a prepararsi, ad affrontare la frustrazione della sconfitta, ad affinare la capacità di analisi e di accettazione costruttiva delle proprie responsabilità nell’errore. Il volontariato offre questo spazio immenso di crescita personale, umana, e di conquista di senso. Consente cioè ad ognuno di noi di uscire dalla piccola sfera privata, umana e spirituale, per incidere positivamente nel mondo che ci circonda, per aumentare i nostri gradi di rilevanza nel mondo, per contrastare l’entropia del bene, accelerata dall’egoismo e dal cinismo di questi anni.
Attraverso la gratuità del dono di sé, del proprio tempo, della propria energia, il volontario testimonia il proprio impegno di migliorare il mondo che lo circonda, agendo sul dolore, fisico e psichico. Non predica, fa. Ed è questa etica del fare, per lenire il dolore del cuore, del corpo e dell’anima di una persona disagiata, una delle caratteristiche più vere e incisive di chi faccia del volontariato una scelta profonda, non solo per esprimere i propri talenti affettivi e umani, ma anche per aumentare i propri gradi di rilevanza etica nel mondo.
Don Vittorio Rocca
Canonico Basilica San Sebastiano Acireale
Lascia un commento